L’edificio, identificato dalla tradizione come la casa dove Petrarca avrebbe passato alcuni anni della sua infanzia, è il risultato di una complessa stratificazione architettonica. Si tratta di una tipologia architettonica (definita casaforte) che trova numerosi riscontri in Toscana, soprattutto in ambito rurale o all’interno di borghi incastellati; se ne possono trovare esempi nel Nord della regione e, nella stessa area dell’Incisa, sono riconoscibili diversi edifici rispondenti a questa tipologia: l’ex Palazzo Pretorio del Castello – proprio di fronte alla casa del Petrarca – oppure il nucleo più antico del Castel Vecchio dell’Incisa, cresciuto attorno a una torre simile nella conformazione alla struttura in questione.
Le preesistenze: la fortificazione della prima metà del ‘200
Negli anni compresi tra il 1223 e il 1224, secondo quanto riferiscono il Villani ed il Malespini, Firenze fece edificare il Castel Nuovo dell’Ancisa. Nell’area sud orientale dell’insediamento, dove sorgerà il complesso architettonico, la costruzione ex-novo del circuito murario viene ad insistere direttamente sugli affioramenti rocciosi, in corrispondenza di un salto di quota che favorisce la difendibilità di questa porzione del castello. Si tratta di un’opera imponente, di cui resta visibile una sezione verticale inglobata all’interno del prospetto occidentale del C. F.. Il saggio di scavo compiuto immediatamente a ovest dell’edificio ha permesso di ricostruire l’andamento della fortificazione e di individuare, a poco più di tre metri di distanza dal limite occidentale del C. F., un angolo della cinta che in questo punto piegava decisamente verso nord. Sempre grazie allo scavo sono state portate alla luce le tracce di una porta, larga circa due metri, che si apriva nella cinta ad appena un metro di distanza dalla piega del circuito murario. Questo ingresso al castello era collegato probabilmente con la via di Loppiano. Mentre un altro ingresso di dimensioni leggermente maggiori sorgeva a est in direzione del ponte sull’Arno e della via Aretina.
La costruzione del “palagio” duecentesco
Un tratto della cinta muraria, prima della fine del XIII secolo, venne inglobato nel perimetrale settentrionale di una nuova costruzione a pianta rettangolare di 8,25 x 10,9 m. Il nuovo edificio, se visto dall’esterno del circuito murario, assumeva l’aspetto di una grossa e massiccia torre, arrivando da questo lato ad elevarsi per più di 14 m. Anche la nuova costruzione faceva abbondante uso di elementi litici locali come l’alberese, lavorato in bozzette messe in opera in filari piuttosto irregolari, ma si arricchiva nella parte superiore di una serie di aperture ad arco ingentilite dall’uso di conci in pietra serena che riprendevano nell’aspetto le grosse pietre squadrate dei cantonali.
Esempi architettonici di questo tipo si trovano in molte altre località della Toscana e testimoniano la destinazione di uso di edifici che univano alla funzione residenziale evidenti caratteristiche difensive e certamente appartenevano a famiglie di elevato livello sociale. La diffusione di queste architetture definite spesso “palagi” o “case da signore” nella documentazione dell’epoca, è stata messa in relazione alla nascita dei poderi accentrati ed alla diffusione del sistema mezzadrile.
L’edificio in questa prima fase possedeva per lo meno tre piani, dai soffitti molto alti, ed ogni piano era costituito, sulla base di quanto è stato possibile appurare dall’analisi delle murature interne, da un unico vasto ambiente rettangolare di circa 70 m², anche se non è escluso che alcune suddivisioni interne fossero realizzate con l’apprestamento di pareti in tavolati lignei. Il piano terreno, il cui pavimento era più basso del piano stradale del castello, presentava un’apertura arcuata nella parete orientale che consentiva l’accesso e probabilmente costituiva uno degli ingressi originari dell’edificio. Lo testimonia l’aspetto del portale a sesto ribassato rivolto ad est, tipicamente “da esterno”, formato da conci in arenaria ben squadrati e spianati che si legano con le murature del perimetrale in bozze di alberese.
La presenza di questo portale aiuta a ricostruire la posizione della fabbrica in rapporto al muro di cinta del castello; risulta evidente infatti che il portale doveva aprirsi verso l’interno del circuito fortificato, il quale in questa fase coincideva con il perimetrale occidentale e meridionale dell’edificio e proseguiva verso est seguendo lo stesso allineamento. Il contrasto cromatico tra gli elementi architettonici grigio scuri delle aperture, in arenaria, e il candore dei paramenti in calcare alberese, caratterizza la fase duecentesca, come dimostra l’unica apertura in fase conservata al primo piano dell’edificio: una finestra rettangolare di 60×85 cm aperta nella parete occidentale, che illuminava l’ampio vano mediano.
Il secondo ed ultimo piano dell’edificio ha subito parecchie modifiche nei secoli XVIII-XX, ma ha conservato alcune tracce importanti del suo assetto duecentesco. Il vano della porta ha dimensioni ragguardevoli, circa due metri di altezza per circa 0,9 cm di larghezza, e la soglia è almeno 30 centimetri più alta dell’attuale pavimento. Tra le uniche dotazioni interne al palazzo medievale sussistono le tracce di alcune nicchie ricavate nello spessore dei muri a livello del primo e del secondo piano. La nicchia del primo piano ha i bordi in bozzette di arenaria sormontati da un archetto in laterizi e potrebbe appartenere anche ad una fase successiva a quella duecentesca, ed essere stata inserita in rottura della muratura forse nel XIV secolo.
Gli ampliamenti del XIV secolo
Al corpo di fabbrica vennero aggiungendosi nel corso del XIV secolo altri nuclei. Questo nuovo blocco di dimensioni ragguardevoli, circa 13 m da ovest ad est, aggiungendosi al precedente portava il complesso architettonico a raggiungere una lunghezza di circa 21 m. Il nuovo corpo di fabbrica rimarca una trasformazione nella concezione architettonica degli edifici signorili di ambito rurale che si verifica tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo: ad una prevalente spinta verticale, influenzata dal modello “feudale” della torre, si sostituisce una più marcata tendenza allo sviluppo orizzontale dell’edificio11. La nuova fabbrica viene ad integrarsi con la precedente attraverso una serie di passaggi in corrispondenza del locale seminterrato, del primo e del piano sommitale. L’espansione edilizia è molto probabilmente stata decretata dall’iniziativa costruttiva di un unico proprietario o per lo meno di uno stesso nucleo familiare.
La ristrutturazione del tardo rinascimento
Le prime grosse modifiche post medievali al complesso architettonico risalgono al XVI secolo, probabilmente alla seconda metà. In particolare il portale principale di facciata venne aperto in sostituzione di una finestra ad arco risalente al XIV secolo, ed è formato da due stipiti di arenaria su cui si imposta un archivolto massiccio, estradossato, e con la chiave di volta culminante in una punta, che richiama certi portali diffusi in toscana soprattutto nel XVII secolo. Ma ancora più caratteristiche sono le finestre del primo piano o piano nobile, dotate di ampie aperture protette da inferriate massicce, incorniciare da elementi architettonici di arenaria che richiamano coeve soluzioni adottate nei palazzi di Firenze: davanzale modanato sorretto da mensole, stipiti monolitici, architrave con cornice aggettante. Pure le aperture del piano sommitale sono ripensate secondo la moda del tempo. Le precedenti finestre ad arco medievali sono tamponate e sostituite da spaziose aperture rettangolari con davanzali sporgenti, stipiti ed architravi monolitici d’arenaria. Internamente, al di sotto dell’apertura vera e propria, le finestre sono dotate di una piccola rientranza, ricavata nello spessore della muratura, secondo modalità costruttive già attestate nel primo rinascimento e a lungo utilizzate nell’edilizia abitativa.
La ristrutturazione settecentesca e le modifiche del XIX secolo
Nuovi lavori di ristrutturazione sono effettuati nel corso del XVIII secolo e nella prima metà del XIX. L’unico riferimento cronologico puntuale su questi interventi è fornito dalla data “1723” scolpita sul portale principale di facciata, per il resto bisogna fare riferimento alla cronologia relativa delle azioni costruttive ed alla morfologia delle aperture e delle opere murarie.
Per quanto riguarda gli esterni assistiamo all’apertura di nuove finestre o alla sostituzione di alcune aperture del periodo precedente. Le nuove finestre perdono la monumentalità delle aperture rinascimentali, e se quelle realizzate nel XVIII secolo conservano talvolta almeno una cornice in arenaria, senza però elementi aggettanti, le aperture ottocentesche sono estremamente semplici e sobrie. L’intervento più radicale coinvolge la metà superiore dell’edificio, dove il piano sommitale è sventrato per l’inserimento di un’altana rivolta a sud, la cui apertura è ricavata nel paramento medievale tagliando in profondità il tessuto murario, fino al livello delle aperture del primo piano. La decisione di costruire un’altana, un vano che in questo caso non presenta i caratteri gentilizi delle logge aristocratiche, ma piuttosto un’infrastruttura funzionale ad un impiego pratico e tipicamente contadino17, va valutata nell’ottica di una parziale riconversione del complesso, che acquista sembianze più rurali.
(Probabilmente nel ‘700 anche il paesaggio del castello è cambiato, la chiesa di San Biagio è ormai un semplice oratorio, e il carattere quasi urbano dell’insediamento interno alle vecchie mura è un ricordo del passato, mentre si è affermato il nuovo polo di aggregazione insediativa in riva all’Arno).
Anche gli spazi interni sono modificati. La volta tra primo e secondo piano è sostituita da un semplice solaio a travi. Una nuova porta è realizzata nel perimetrale occidentale dell’edificio. Negli anni compresi tra 1830 e 1860 la struttura va incontro a una prima suddivisione che spezza l’unità dei corpi di fabbrica. Dalla mappa del catasto regionale toscano risulta una ripartizione del complesso in tre proprietà distinte. A questo periodo probabilmente risale la tamponatura dei portali neoclassici e la chiusura dei passaggi tra i vari corpi di fabbrica.
Ultimi interventi novecenteschi
I maggiori interventi del XX secolo riguardano prevalentemente le suddivisioni degli spazi interni, con la costruzione di sottili divisori nei vari ambienti19 e l’aggiunta di un piano intermedio tra il primo ed il secondo, dotato di una coppia di finestre affacciate sul prospetto principale. Al lato occidentale del fabbricato sono addossati alcuni ambienti destinati ai servizi igienici. Il secondo conflitto mondiale porta dei danneggiamenti all’edificio, e le ricostruzioni post belliche comportano l’abbassamento del corpo di fabbrica adiacente al livello attuale, con il ripristino delle aperture del secondo piano. La scala esterna in pietra è abbattuta e ricostruita in laterizi e cemento armato.