Francesco Petrarca è il grande poeta che tutti imparano a studiare a scuola, magari sotto le insistenti sollecitazioni degli insegnanti. Di lui gli studenti più attenti si ricordano per il ruolo che ha avuto nello sviluppo della poesia in volgare, per l’attenzione alla metrica e, naturalmente, per il Canzoniere.
Qualcuno saprà anche che fu un grande viaggiatore, in particolar modo tra Italia e Francia. Non tutti però conoscono due o tre aneddoti sulla sua vita che aiutano a rendere più umana la sua figura altrimenti destinata a restare icona della storia della letteratura italiana.
Se ci concentriamo sul Canzoniere, ad esempio, scopriamo che il volume è d’interesse matematico e statistico, oltre che culturale. Basti pensare che ci troviamo di fronte un testo formato da 366 componimenti (365, come i giorni dell’anno, più uno introduttivo: “Voi ch’ascoltate”) di cui 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. Un insieme che mostra la sterminata padronanza della metrica da parte di Francesco e che può essere visto come un vero e proprio saggio sulla lingua.
Un’altra curiosità che spesso ci scordiamo riguarda la sua formazione. Suo padre, Ser Pietro di Parenzo di Garzo dell’Incisa (ecco le origini incisane di Francesco), esiliato da Firenze nel 1302 per motivi politici legati a fatti interni alle lotte tra guelfi bianchi e neri, fu grande amico di Dante Alighieri ed ebbe una certa influenza su Francesco. Ser Pietro infatti immaginava per il figlio una splendente carriera in ambito giudiziario, tanto che lo spinse a studiare diritto civile a Bologna, dopo un lungo girovagare della famiglia tra Arezzo, Pisa e Montpellier.
Francesco, nonostante le spiccate inclinazioni letterarie, decise di sottostare al volere del padre e studiò diritto civile proprio all’Università di Bologna. Lo fece sempre controvoglia, continuando ad alimentare la sua passione per la letteratura, ma terminò comunque i suoi studi per rispetto del padre.